27.05 – 26.07.2015 Museo Nazionale Romano – Palazzo Altemps, Rome
27.05 – 26.07.2015 Museo Nazionale Romano – Palazzo Altemps, Rome
La mostra personale di Maurizio Donzelli (Brescia, 1958) presso il Museo Nazionale Romano in Palazzo Altemps si snoda come un dialogo articolato fra le sale del museo e le sue collezioni, e rappresenta la continuazione di un percorso di ricerca in cui l’artista entra in dialogo con sedi storiche inserendo il suo intervento come un’evocazione di un tempo sospeso, quello della percezione dell’opera d’arte, posto al di là dei limiti cronologici fra il manufatto antico e l’opera d’arte contemporanea.
Nella sua pratica artistica – incentrata sulle linee e forme fluide del disegno, sulla relazione reciproca tra luce e colore, sulla rivelazione progressiva e mai completa dell’immagine, sul rispecchiamento come continua ridefinizione del punto di vista, sul ruolo attivo dell’osservatore nella definizione dell’opera – Donzelli crea ambienti cangianti ed esperienze epifaniche, vere e proprie macchine delle meraviglie che esaltano il potere caleidoscopico dello sguardo e l’intima mobilità e instabilità della conoscenza del reale.
Il punto di partenza ideale di questo percorso, e la sua stessa ragione d’essere, è lo sguardo dell’artista, il suo invito a reincantare lo sguardo dell’osservatore sulle preziose opere d’arte conservate presso il museo di Palazzo Altemps, per riappropriarsi, come osservatore contemporaneo, della ritmica delle sue sale decorate, del cortile d’onore verso cui esse convergono, delle scalinate che ad esse conducono. Un percorso che da statico diventa dinamico, da pubblico intimo, che alla solennità dei reperti archeologici, con i loro panneggi marmorei e le loro posture eroiche, abbina la levità di disegni su carta e seta che quasi si ripiegano, ritrosi, su se stessi (Disegni Molli, Disegni del Quasi), la vacuità di specchi dalle mille rifrazioni (Mirrors), la metamorfosi e la trasfigurazione di un culto, quello dell’arte, che l’artista celebra nella sua intangibilità a-temporale, riscoprendolo, per esempio, nelle fattezze misteriche dell’Iside egizia, romanizzata in Demetra.
Ciò che è intangibile è appunto intoccabile, invisibile, appartiene alla sfera dell’intuizione, dello stimolo, ci sospinge verso un territorio di similitudini, di analogie e di rimandi infiniti. In questo perlustrare senza ordine prestabilito le sale del museo, Donzelli rivela l’arcano legame che esiste tra ogni opera d’arte, una tendenza al valore archetipico in cui ogni opera, al di là della sua collocazione temporale, diviene un polo di attrazione e di convergenza, un polo di emanazione di infinite possibilità: “l’opera come sistema di riverberi continui, come un risonatore”, scrive l’artista.
Entrando dunque in una sala del Museo Nazionale Romano in Palazzo Altemps ci si può trovare a calpestare disegni di orecchie,come ad accennare che ogni ascolto è intuizione multisensoriale. Entrando in un’altra sala si può avere la sensazione di superare una soglia, dell’attenzione e della percezione, in cui l’intuito dichi osserva rimane libero di perdersi in una frammentazione, in un labirinto di interpretazioni. Aggirandosi, quindi, fra la Sala di Serapide, la Sala delle Grandi Dee, la Sala del Trono Ludovisi, riscopriamo un museo che da esteriore diventa interiore: semplicemente nell’abbandonarsi alla vertigine di un’esperienza rarefatta quanto pervasiva, a quell’indistinto vortice, emotivo ed intellettuale, a quel grand tour recondito di un’esperienza di visita appassionata e di ascolto affascinato, a cui va ascritto, infine, il titolo della mostra stessa: Ad Altemps.
The solo exhibition of Maurizio Donzelli (Brescia, 1958) at the Museo Nazionale Romano in Palazzo Altemps winds as an articulated dialogue between the halls of the museum and its collections, and represents the continuation of a research path in which the artist enters into dialogue with historical sites by inserting his intervention as an evocation of a suspended time, that of the perception of the work of art, placed beyond the chronological limits between the ancient artifact and the contemporary work of art.
In his artistic practice – centered on the fluid lines and forms of drawing, on the reciprocal relationship between light and color, on the progressive and never complete revelation of the image, on mirroring as a continuous redefinition of the point of view, on the active role of the observer in the definition of the work – Donzelli creates iridescent environments and epiphanic experiences, true machines of wonders that exalt the kaleidoscopic power of the gaze and the intimate mobility and instability of the knowledge of reality.
The ideal starting point of this itinerary, and its very reason for being, is the artist’s gaze, his invitation to re-enchant the observer’s gaze on the precious works of art conserved at the Palazzo Altemps museum, to re-appropriate, as a contemporary observer, the rhythm of its decorated rooms, the courtyard of honor towards which they converge, the stairways that lead up to them. An itinerary that from static becomes dynamic, for an intimate public, that combines the solemnity of the archaeological finds, with their marble draperies and heroic postures, with the lightness of drawings on paper and silk that almost fold back on themselves (Disegni Molli, Disegni del Quasi), the emptiness of mirrors with a thousand refractions (Mirrors), the metamorphosis and transfiguration of a cult, that of art, which the artist celebrates in its timeless intangibility, rediscovering it, for example, in the mysterious features of the Egyptian Isis, romanized into Demetra.
What is intangible is precisely untouchable, invisible, it belongs to the sphere of intuition, of stimulus, it pushes us towards a territory of similarities, analogies and infinite references. In this scouring of the rooms of the museum without preestablished order, Donzelli reveals the arcane bond that exists between every work of art, a tendency towards archetypal value in which every work, beyond its temporal collocation, becomes a pole of attraction and convergence, a pole of emanation of infinite possibilities: “the work as a system of continuous reverberations, as a resonator,” writes the artist.
Entering a room of the Museo Nazionale Romano in Palazzo Altemps, one can find oneself walking on drawings of ears, as if to hint that every listening is multisensory intuition. Entering another room, one may have the sensation of crossing a threshold of attention and perception, in which the intuition of the observer remains free to lose itself in a fragmentation, in a labyrinth of interpretations. Wandering, therefore, among the Hall of Serapis, the Hall of the Great Goddesses, the Hall of the Ludovisi Throne, we rediscover a museum that from exterior becomes interior: simply in abandoning ourselves to the vertigo of an experience as rarefied as it is pervasive, to that indistinct emotional and intellectual vortex, to that hidden grand tour of an experience of passionate visiting and fascinated listening, to which the title of the exhibition itself should be ascribed: Ad Altemps.